Black sea - Recensione
Film considerato da vedere
sulla base di 1 voto/i
Black sea
Thriller
Trama
Il capitano di sommergibili Robinson, con un divorzio alle spalle e un figlio adolescente con cui non ha quasi alcun rapporto, viene licenziato dalla sua società di recupero relitti. Robinson decide di riscattarsi con un'impresa straordinaria: recuperare l'immenso carico d’oro contenuto in un sommergibile tedesco che giace sul fondo del Mar Nero dal 1941. Una volta raggiunto il tesoro sommerso, l’avidità dei membri dell’equipaggio prenderà il sopravvento in un gioco al massacro alla fine del quale potrà restarne soltanto uno...

Il sottogenere dedicato ai film ambientati all’interno dei sottomarini ha sempre partorito opere tese e coinvolgenti, giocando in primis sull’ambientazione claustrofobica e su un universo limitato ed isolato in cui vizi e virtù degli uomini si trovano ad amplificarsi. Non è da meno questo “Black sea”, che continua la tradizione portata avanti da “U-boot 96” fino al “K-19” di Kathryn Bigelow, solo che qui il contesto non è un conflitto militare ma quello inedito, per il filone, del recupero di un vero e proprio tesoro. In cabina di regia troviamo il premio Oscar Kevin Macdonald, negli ultimi anni specializzatosi nel cinema action (“State of play” e “The Eagle”), genere in cui il suo gusto piuttosto cinetico per i movimenti di macchina è stato spesso funzionale. A guidare il cast invece c’è Jude Law, unico volto davvero noto di un cast internazionale composto soprattutto da attori inglesi e russi.
E sono proprio le frizioni fra sovietici ed europei ad animare la prima parte della pellicola, che segue un canovaccio sì piuttosto prevedibile ma in fin dei conti scorrevole, elemento che giova ad un ritmo narrativo che non registra particolari punti di stanca. La pellicola, piuttosto fedele a certi paletti del sottogenere (anche sul piano visivo, visto che la camera si muove comunque in un sottomarino postbellico e non moderno), sa avvincere lo spettatore, nonostante svolte nel racconto non proprio coerenti e personaggi non sempre credibili. La seconda parte si caratterizza per la trasformazione dei conflitti “etnici” in conflitti di classe, con il protagonista che subisce un’interessante involuzione dovuta ad una folle forma di rivalsa e ad una strisciante cupidigia nei riguardi del tesoro ritrovato. Dinamiche fra un gruppo sempre più ristretto di personaggi che portano ad un finale dal tono semi-amaro, che non alza né abbassa il giudizio per una pellicola di buona fattura.
Manuel Celentano
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