Lone survivor - Recensione
Film considerato passabile
sulla base di 2 voto/i
Lone survivor
Guerra
Trama
La storia vera di Marcus Luttrell, Michael Murphy, Matt Axelson e Danny Dietz, parte delle forze speciali d’èlite della Marina degli Stati Uniti, le cosiddette Navy Seal, in missione segreta fra le montagne dell’Afghanistan, laddove rimasero vittime di un agguato da parte di una milizia di talebani. Rimbalzava l’anno 2005 e la cruenta battaglia era nel pieno del suo tragico sviluppo: ne resterà soltanto uno, tratto in salvo da Mohammad Gulab, un abitante del villaggio afghano.

È proprio Marcus Luttrell, unico sopravvissuto, ad ispirare “Lone survivor”, il bellicoso film di Peter Berg, grazie alle sue memorie raccolte nell’omonimo libro. Con un budget di 40 milioni di dollari, Berg e il team di validi collaboratori girano in New Mexico, fra le spettacolari montagne di Sangre di Cristo, nel Parco Nazionale di Santa Fe, dove aggettano la ricostruzione della zona di guerra dello scenografo Tom Duffield. Quel che il film dona di sé è innanzitutto l’immancabile gusto per lo spettacolo al quale tutte le grandi produzioni statunitensi ci hanno ormai abituato, abbracciato da paesaggi mozzafiato, cinti nel traffico del ritmo vorticoso e altero del montaggio.
Da evidenziare è in particolar il montaggio sonoro, che in maniera scoppiettante sa rendere elettrizzante l’intrattenimento complessivo del film (e difatti ha ottenuto una nomination all’Oscar, in compagnia di quella per il sonoro in presa diretta). Quel che “Lone survivor” vuole far passare è però il solito messaggio di patriottismo, equità, devozione e coraggio da medaglia al valore; tale miasma è preponderante a tal punto da togliere parte del vigore che caratterizza il film sin dalle primissime battute (la scena più bella è quella di una gara di corsa fra due dei soldati della missione). “Lone survivor” nasce con lo scopo di celebrare, rievocandoli, i caduti in guerra, lodandone la caparbietà di uomini duri. Si ha la tostissima impressione di assistere ad una lunga e insostenibile parata sportivo-militare, dove le doti fisiche dominano incontrastate, fino agli estremi della sopravvivenza (alcuni incidenti accorsi ai malcapitati marine rendono talmente bene l’idea da apparire inverosimili).
Pertanto, la lotta per la sopravvivenza si fa del tutto fisica e il realismo situazionale non si esime dal mostrare la furia del dolore della carne lacerata e della pelle scheggiata dalle armi. Mark Wahlberg dimostra di aver sentito più degli altri il ruolo assegnatogli, specie negli ultimi venti minuti, quando il terrore prende definitivamente il sopravvento, al pari della irrefrenabile voglia di ritorsione che è anche delimitazione del proprio reticolato di salvaguardia. Un uomo-scudo: lui, figlio altero di un ideale che trascende il senso di umano. Lui, come tanti.
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